Smallworld

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Sono le 14.48 e sono in attesa.
L’appuntamento è alle 15.30 davanti al Comune. Se tutto va come deve… arriverò sicuramente in ritardo!!
Mi rigiro nervosamente il biglietto nella mano sinistra, la destra tiene il telefono su cui sbircio i minuti che passano.
Sono le 14.52 e aspetto ancora…
Appoggio la schiena alla palina della fermata e metto lo zaino, con dentro i giochi da tavolo, fra le gambe; fingo disinteresse ma fisso l’orizzonte da cui dovrebbe arrivare il pullman, concentrandomi e ripetendo tra me e me un mantra in stile spot delle assicurazioni online.
Sta arrivando, sta arrivando, sta arrivando, ….”

Sono le 14.57 ed ecco che l’11 appare in lontananza.
Scatto in posizione: calcolo la velocità e la capacità di frenata del pullman per indovinare la posizione esatta in cui si arresterá, in modo da essere il primo davanti alle porte. Sono pronto alla bolgia e so che sarà un viaggio difficile. Sbaglio ovviamente la previsione di un paio di metri abbondanti (maledetta frenata lunga) e mi trovo ultimo a salire.
Per fortuna il bus è ancora abbastanza vuoto, quindi riesco a timbrare il biglietto e ad occupare uno dei posti migliori, quelli rialzati, e con abilità mi metto in braccio anche lo zaino in modo da essere intoccabile.

Intorno a me inizia ad esserci presto un po’ di movimento.
Quattro signore dai capelli bianchi hanno occupato altrettanti sedili vicini all’entrata, i carrellini porta spesa ostruiscono il passaggio, ma loro non sembrano farci caso e continuano a fare la conta delle compagne venute a mancare.
In fondo all’autobus un signore non tanto alto, con una folta barba a toccargli la pancia prominente ed un grosso naso arrossato dall’alcol, osserva interessato l’obliteratrice alla ricerca di un qualche scompartimento segreto: mi spiace vecchio mio, ma non è un parchimetro e non troverai monetine nascoste all’interno!
Il pullman procede a sobbalzi ma ad ogni fermata qualcuno si aggiunge e lo spazio si restringe sempre più.
Un gruppetto di bambini apprendisti maghetti, con tanto di t-shirt a tema Harry Potter e ciondoli dei “doni della morte” un po’ dappertutto, conquista i posti al fondo, quelli contrassegnati da strani graffiti e tag illeggibili.
Il povero cercatore di monetine abbandona la posizione, soppiantato da una coppia dall’aria simpatica, probabilmente marito e moglie, entrambi decisamente bassi ma dal viso rotondo ed i capelli arruffati. L’aspetto innocuo dei signori poco s’intona però al grosso cane che li accompagna: un cucciolone enorme e minaccioso, con le pupille infiammate di rosso ed un simpatico collarino con su scritto “Smauguccio“.
Lo spazio inizia ad essere troppo piccolo, l’aria inizia a mancare ed ormai molti dei passeggeri saliti alla mia fermata hanno dovuto, di loro iniziativa o meno, scendere dal pullman.

Sono le 15.11 e dal finestrino vedo addensarsi dei nuvoloni neri. Un temporale estivo piuttosto violento si abbatte sulla lamiera del tetto ed il cagnone infernale emette un ringhio sordo tutt’altro che amichevole, facendo desistere chiunque dall’idea di infastidirlo.
Il ragazzo scheletrico seduto accanto a me si alza e cerca di avvicinarsi all’uscita così con abile mossa provo a piazzare lo zaino sul sedile rimasto vuoto, in modo da espandere un poco il mio spazio vitale. Purtroppo un esercito di Gitane dai gonnelloni colorati irrompe e finisco per dover abbandonare anche il posto su cui mi ero arroccato in partenza.

Il bus accosta nuovamente e due ragazzi salgono e si piazzano al centro del mezzo.
I nuovi arrivati hanno un’aria esotica e sono completamente fradici, dalla testa ai piedi. Sotto di loro si allarga ben presto una grande pozza d’acqua piovana che obbliga tutti gli altri a girarci intorno per potersi spostare da un lato all’altro.
Nel frattempo, mentre cerco di difendere il poco spazio rimastomi dalla pressione degli altri passeggeri, le candide dame con cui ho iniziato il viaggio discutono sulla possibilità di liberare tre dei quattro sedili occupati finora e di tenerne solo uno su cui impilare tutti i carrellini porta spesa, in modo da non rischiare di bagnarli e, contemporaneamente, sgranchirsi le vecchie ossa.

Mancano pochi minuti alle 15. 30 e sono quasi arrivato.
L’acquazzone si è dissolto con la stessa velocità con la quale era arrivato.
Un signore emaciato dalla pelle di un malsano color verdastro e gli occhi spenti biascica qualcosa sul cedermi il posto ma, ringraziando, gli confesso di essere arrivato e che quindi sono costretto a declinare.
Mi faccio largo tra la folla che infesta l’autobus con il dubbio se sono io a scendere o se sono gli altri a buttarmi giù.

Arrivo in ritardo, come previsto, all’appuntamento con il mio amico ma per fortuna solo di una decina di minuti quindi non vengo mortificato troppo.
L’aria all’aperto mi sembra più fresca e pulita del solito e persino le vie del centro, affollate come sempre, mi sembrano spaziose e perfettamente vivibili.
Entriamo in negozio e salutiamo il resto del gruppo, poi arriva finalmente l’ora di giocare. Ognuno di loro ha portato il gioco che reputa perfetto ma oggi non voglio sentire ragioni.
Ho l’impressione di aver appena subìto una debacle dal vivo e quindi mi voglio rifare subito.

Tiro fuori la scatola colorata dallo zaino ed annuncio: “Zitti tutti, oggi si gioca a Small world!

Panoramica di gioco:

Small world” è un gioco per 2-5 giocatori, ideato da Philippe Keyaerts ed edito in Italia nel “lontano” 2009 da Asterion press (ora Asmodee).
I giocatori al tavolo si contendono il dominio di un piccolo regno attraverso il controllo di svariate razze, ciascuna dotata di abilità uniche.
Particolarità del gioco è la possibilità di poter mandare in “declino” la propria razza attiva nel momento in cui un’ulteriore espansione non risulterebbe più abbastanza conveniente, rendendola passiva e sostituendola con un’altra all’inizio del turno successivo.
Ogni razza viene inoltre abbinata casualmente ad un particolare talento che ne aumenterà il valore strategico (diversi modi per portare a casa punti vittoria) nonché militare (maggior numero di segnalini da utilizzare nelle conquiste).
Infine non va dimenticata la fantastica rigiocabilitá di questo titolo, arricchita ulteriormente dalle tante espansioni che vanno dalle semplici aggiunte di fazioni e poteri (“La tela del ragno“, “Le dame di Smallworld, ecc…) a delle vere e proprie implementazioni di regole e mappe (“River World“).

Nonostante gli anni, Small World rimane un titolo piuttosto attuale e che, anche grazie alla grafica accattivante ed alle suddette tantissime espansioni prodotte, pare essere riuscito a ritagliarsi il suo spazio nell’immenso ma pur piccolo mondo dei boardgames.

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